I sintomi depressivi sono vari nella loro capacità di comparsa fenomenologica, così come nelle loro determinanti eziologiche sia di natura esterna che interna al soggetto che ne fa esperienza. Quindi noi qui non ci dilungheremo in trattazioni ampie e sistematiche, non optando per un approfondimento esaustivo ma dando alcune suggestioni che possano essere d’aiuto nel riconoscimento di alcune forme di patologia depressiva. Prima di tutto dobbiamo ricordare ciò che dice S. Freud a proposito di depressione, ovvero questi parla di uno stato psichico in cui l’investimento libidico, inteso come energia psico-fisica, viene ritirato dal mondo esterno e attirato su di sé, ovvero sul mondo oggettuale interno, quindi comincia una dinamica intrapsichica che vede al centro degli scambi relazionali unicamente il polo di un Io ideale con cui essere in rapporto. Quando parliamo di Ideale intendiamo comunque che ci siano in azione processi psichici di identificazione, ovvero di ricerca di modelli con cui affinare un’identità cui ci si ispira. L’oggetto ideale può essere sia positivo sia negativo, ma l’importante è comprendere che il soggetto inizia ad investire su di sé in modo solipsistico, ovvero del “solus ipse”, in latino “solo con sé stesso”, e ciò sia intendendo l’assenza dell’altro in quanto soggetto diverso da me con cui entrare in relazione, sia l’oggetto intrapsichico con cui avviene l’identificazione nel fenomeno di sintomatologia depressiva. E’ chiaro che il soggetto vive, nel momento stesso in cui investe sul proprio oggetto Sè ideale, una dimensione di ripiegamento narcisistico. Nel caso di un evento luttuoso si potrà avere una depressione che verrà detta reattiva in quanto avviene in reazione ad un evento traumatico esterno. Ma la depressione può riguardare l’oggetto interno perduto e il lavoro elaborativo della perdita è il passaggio necessario per superare il momento critico depressivo. Ogni perdita di fatto comporta un’elaborazione, ogni separazione, ad esempio il conseguimento di un diploma connesso al passaggio d’età o perfino il ritorno da un viaggio in cui si è scoperto qualcosa di prezioso per sé del mondo, implica un’elaborazione depressiva che il soggetto deve poter compiere per sentire di essere cresciuto. In realtà ciò da cui ci si separa ha a che vedere con l’immagine del Sè legata alla relazione o all’esperienza che si è vissuta. Crescendo perdiamo una parte di noi che reintegriamo in nuove configurazioni psichiche cangianti. Si tratta di processi dinamici della psiche.
Non solo si parla di depressione reattiva ma anche di depressione endogena, processo patologico di natura più ingravescente che può portare anche a periodi di ricovero in strutture ospedaliere protette. Qui non siamo di fronte ad un quadro nevrotico o d’incapacità di elaborare una separazione, ma si entra nella dimensione della psicosi, in cui compare una fenomenologia delirante e/o allucinatoria. In tal caso il processo psichico utilizzato è l‘introiezione, ovvero una sorta di inglobamento psichico dell’oggetto negativo con cui poi ci si simbiotizza psichicamente. Ma non ci soffermeremo sui dettagli di sintomatologia né della precedente forma né di questa. Ci interessa maggiormente esplorare ciò che è vissuto nella depressione in relazione allo Spazio-Tempo. Parlando di ciclo ontologico la lezione di psichiatria fenomenologica si riferisce ai tre momenti temporali del passato-presente-futuro. L’essere umano vive contemporaneamente immerso in ognuno dei tre momenti o, potremmo dire, queste tre dimensioni lo attraversano al contempo, sia nel sogno che nella fantasia sia in quella che chiamiamo coscienza della realtà. Nel vissuto depressivo, essendoci prevalentemente un’identificazione o nel peggiore dei casi, una simbiotizzazione, con l’oggetto psichico perduto o morto, il tipo di tempo che prevalentemente ospita il soggetto è il passato, ovvero il soggetto è continuamente voltato all’indietro nella contemplazione di ciò che ha perduto, derivandone uno stato di perenne malinconia. il tipo entusiasta ad esempio sarà chi sosta maggiormente nel presente, che ai suoi occhi rappresenta una continua novità. Mentre chi si sbilancia nel futuro senza sosta ha una esperienza anticipatoria di quello che sta per vivere, in un’esperienza dell’accelerazione psichica, che diremmo maniacale. Il soffermarsi in uno dei tre momenti in maniera prevalente indica uno squilibrio del vissuto temporale, fino alle forme di ciclotimia ovvero maniaco-depressive in cui si oscilla repentinamente dalla depressione malinconica all’eccitamento maniacale, con un vissuto temporale e spaziale ora fermo, statico, devitalizzato, ora quello della velocità del pensiero e della rapidità del movimento e dello spostamento fisico fino all’agitazione, sia nella sua variante di contentezza esasperata che in quella della rabbia espressa in modo plateale. Spesso accade di osservare tali quadri psichici in chi fa uso e abuso di cocaina.
Esiste un’ulteriore forma di depressione che chiameremo anaclitica e che spesso è descritta nei casi di disturbo grave della personalità. Il termine “anaclitica” si riferisce ad una sorta di appoggio psicologico che l’individuo cerca nell’altro, tendenzialmente partner o amici o parenti vicini, reagendo ad una esperienza precoce nell’infanzia di abbandono. Così gli altri e la loro presenza vengono a vicariare un’assenza di struttura psichica e costituiscono un esoscheletro, ovvero una colonna vertebrale psichica, con cui l’individuo può sopperire alla mancanza e al vuoto che lo riempiono dentro. Il vuoto come vissuto può essere soppresso con l’appoggio all’altro in relazioni che a volte ricordano il parassitismo. Per questo genere di problematica l’assetto depressivo si mostra temporaneo e svanisce ogni qual volta si realizzi l’accoppiamento psichico. In tal caso non assistiamo a nessuna elaborazione della separazione dall’oggetto interno che invece di essere assorbita e integrata attraverso la dimensione depressiva viene espulsa attraverso l’inizio di una nuova identificazione con l’oggetto d’amore esterno, che il soggetto riverbera in un’unione simbiotica con quello buono interno.
Ogni forma tra quelle descritte da un punto di vista psicodinamico interno può beneficiare della cura psicoterapica. Nelle forme più gravi o nei periodi acuti dei sintomi, può esservi associata una somministrazione psicofarmacologica. Ma l’esito prognostico non è infausto, tranne in rari casi. Importante è l’intervento con una buona psicoterapia che accolga il dolore depressivo e accompagni il paziente verso una sua trasformazione elaborativa.